martedì 1 dicembre 2020

 ..."ma non scrivi più?" ...

Scusatemi, è vero, non sto più dando spazio, nelle mie giornate a post "aromatici", perché siamo sopraffatti dalle cose da riorganizzare, grazie al secondo lockdown, che ha nuovamente sconvolto i nostri calendari.

Ma gli oli essenziali ci sono sempre, nel quotidiano, ed anche nelle lezioni di aromaterapia, svolte purtroppo via webinar, ovviamente, con la conseguente esclusione del piacere di vivere olfattivamente quello che si apprende come nozioni.

Stamattina mi ritaglio un momento per stare insieme.
In una ricerca che stavo facendo per chiarire definitivamente il "giallo" del beta carotene (che alcune affermazioni in Rete fanno apparire anche dove chimico/fisicamente non può esserci), e di cui vi parlerò un'altra volta, sono inciampata in un olio essenziale (tra l'altro di una ditta abbastanza famosa) di cui vi metto solo la descrizione botanica.


Cosa c'è che non va? 
Semplicemente: oltre a non esistere l'olio essenziale di pistacchio propriamente detto (quello di cui mangiamo i famosi semi), il "binomiale" (di cui ho già parlato qui), mi indica precisamente che la pianta in questione è il lentisco.


Tra l'altro la citazione del "mastic" (e non mastix) andrebbe utilizzata solamente in caso di estrazione diretta dalla resina (il cosiddetto "mastice di Chio", ottenuto per incisione della pianta), e non per la classica estrazione dalle varie parti della pianta.

Questa mancanza di conoscenza ed attenzione (anche nella editazione dei testi), nei confronti della definizione botanica, è un grave errore, nel mondo dell'aromaterapia, che vedo spesso ripetuto anche da "esperti" del settore: si dà all'utente finale (ma anche agli studenti) una informazione scorretta, a cui la maggior parte delle volte non segue una disamina (per fiducia totale o per mancanza di competenze adeguate per controbattere).
Di conseguenza si compra una cosa per un'altra, un po' come comprare "aglio al posto di cipolle" e si favorisce la divulgazione di fondamenti sbagliati.

Il lentisco è un olio essenziale costoso (resa bassa), ma dalle sorprendenti caratteristiche olfattive: fresco, legnoso, speziato,  è un'essenza fondamentale nella costituzione del caratteristico profumo dell'aria del bacino mediterraneo.

Ugualmente piacevole, ed insolito come sapore, è l'olio alimentare - che invece si estrae dalle bacche - con cui un tempo, in Sardegna, si friggevano le frittelle, si condivano minestre e carni, e veniva utilizzato anche per le lampade.
A me piace molto sul pesce grigliato.

L’uso alimentare, dimenticato nel tempo, è stato riproposto da pochi anni, anche a seguito della ricerca condotta da Dan Buettner per la NationalGeographic sulla longevità, in alcune aree della Sardegna, che ha fatto rientrare l'olio tra quelle sostanze che preservano dall’invecchiamento, ribattezzando lo stesso "elisir di lunga vita".

Sia l'olio essenziale, sia l'olio alimentare, hanno proprietà antinfiammatorie e antisettiche nei confronti di pelle (escoriazioni, scottature, acne, ecc) e gengive, vasi sanguigni, gola e orecchie.
Naturalmente, nell'uso dell'olio essenziale, occorre una buona diluizione in un olio vettore (il classico olio di girasole, ad esempio).

In Italia conosciamo tre specie di piante del genere Pistacia
- il Pistacia lentiscus di cui abbiamo appena parlato
- il Pistacia vera, da cui otteniamo i pistacchi (famosissimi quelli di Bronte) e un olio alimentare (da usare a freddo su carpacci, tagliate, e nelle maionesi), che è ottimo per la pelle secca, avvizzita, sensibile e per i capelli;
- il Pistacia terebinthus, citato nella Bibbia, da cui si ricava un olio essenziale completamente diverso da quello di lentischio: questo è caldo, resinoso e balsamico, e non va confuso con l'olio essenziale di trementina (ottenuto dal Pinus pinaster).

Bene, spero di avervi fatto una compagnia gradita, in questa esposizione.
Ci leggiamo prossimamente, per trattare il "mistero beta carotene", come dicevo all'inizio, ma anche per approfondire la conoscenza dell'olio essenziale di sandalo, nelle sue varie specie.